Endimione dormiente
Giovan Francesco Barbieri - Guercino
Galleria Doria Pamphilj
Le uniche registrazioni ufficiali dell'opera, attestate nel “Libro dei Conti” (dell’artista), sono due: entrambe risalenti agli anni quaranta del XVII secolo. La realizzazione dell'opera è collocabile, in modo approssimativo, tra il 1640 e il 1650.
Al centro della composizione, in primo piano, domina la scena, quasi a figura intera, Endimione. Il pastore diletto da Artemide, dea della luna, è raffigurato addormentato, ma ciò che cattura l’attenzione dello spettatore è l'oggetto adagiato sopra le sue gambe. Si tratta di un cannocchiale, simile a quello che Galileo utilizzava per le sue osservazioni: la sua presenza, che sarebbe incompatibile dal punto di vista filologico con l’ambientazione mitologica, va letta nell’ottica di un omaggio abbastanza esplicito al celebre scienziato.
Un poemetto dell’epoca su Endimione aveva raccontato che un dio, vedendolo dormire, lo credette morto. Gli rubò, così, i bellissimi occhi e li trasformò in vetri per riuscire a guardar meglio il riflesso della luna. E nel quadro, infatti, quello poggiato sulle gambe di Endimione non è un bastone da pastore ma un cannocchiale. Sullo sfondo la luna…
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